Punto di raccolta delle idee e delle attività per i 500 anni della chiesa di San Giovanni Battista di Pereto (L'Aquila)
20 maggio 2024
Chi pensa a ora, magna a tempu.
04 maggio 2024
Quantu dittu, ha scrittu
In un paese, dovendo vendere o comprare, si utilizzava una persona esperta che era in grado di stimare il terreno, l’animale, la carne e così via. Una delle stime più complesse era quella della dote che una ragazza prossima al matrimonio si portava. Altra stima era la suddivisione tra fratelli o parenti di un insieme di proprietà, case terreni, animali, che, alla morte di qualcuno, gli eredi dovevano spartirsi in parti uguali
Tutti ricordano in paese il più famoso e ricercato estimatore, ossia Sciò Giuseppe, detto Papone. Molti anziani del paese lo ricordano, avendo fatta la stima del loro corredo o di qualche eredità lasciata. L’estimatore era in grado di leggere e scrivere e questo non era poco in paese, ma la cosa interessante è che, chi aveva la carta dotale o la cartella, nella maggior parte dei casi era analfabeta!
L'arte di Papone si concludeva con un foglio scritto, sottoscritto dalla parti. In questo modo quello che si era convenuto era scritto. Si scrivevano i nomi delle persone e le cose cedute o che si sarebbero acquisite.
Quando si fa un progetto, da subito si chiamano gli attori e con essi si butta giù un piano di minimo. Questo serve per capire chi deve fare qualcosa e quando lo deve consegnare.
Se non c'era la stima di Papone a quella data, tutto veniva mandato a monte, in quanto con questa stima si fissava il matrimonio o la chiamata del notaio. Per i 500 anni della chiesa, va fatto un piano e vedere chi fa qualcosa e quando lo deve consegnare. Un esempio è questo.
Il 21 giugno... è domani.
30 aprile 2024
Ognuno all’arte séa e u jupu alle pecore
Con suo marito Romolo, pastore, lavorava il latte del gregge di pecore che possedevano. Produrre la ricotta ed il formaggio era un'arte. Bisognava scaldare il latte, mescolarlo, aspettare che quagliasse, tagliare la cagliata, scolare i grumi, metterteli nei cassi, realizzare le forme di formaggio e poi riscaldare ancora il latte per fare la ricotta. Sicuramente avrebbe dato una mano per la manifestazione, ma più che altro avrebbe dato un insegnamento sui tempi.
Dopo essere stato munto il latte delle pecore, questo andava scaldato ad una certa temperatura e tolto in un determinato istante. I grumi della pasta del formaggio andavano pressati in un certo modo e così un mese dopo, due mesi dopo o anche oltre, il prodotto desiderato era pronto. Questo modo di lavorare ci insegna che ad una certa data deve essere già pronto quello che dovrà essere disponibile tempo dopo. Il formaggio non si fa dall'oggi al domani, va pianificato ed ad una certa data va confezionato per poi essere disponibile il giorno per cui lo si vuole disponibile.
Se i 500 anni ricorrono il 21 giugno, significa che il 1 giugno 2024 deve essere tutto pronto (manifesti, volantini, notizie, pubblicazioni, partecipanti, eventi e quant'altro).
Immaginate se Matilde, dopo ore di lavoro (mungi le pecore, trasporta il latte, cuocilo, pesca i grumi, fai le forme di formaggio, controlla le forme, ecc.) arrivava tardi nella produzione o gli si rovinava il latte. Questo diventava un problema serio per una famiglia di pastori che viveva di questi prodotti.
Così ad una certa data va chiusa la fase di preparazione di un evento per poi effettuare i controlli del caso.
27 aprile 2024
Alla fine se recontanu le pecore
Per un pastore la famiglia era la cosa più importante, poi venivano le pecore. Andavano controllate, accudite, manutenute.
L'attività che era la base del pastore era il controllo; nota è la parabola del Vangelo in cui parla della pecora smarrita. Il pastore la va a cercare perchè per lui è importante non perderne neanche una.
Il pastore ogni tanto faceva un controllo del suo gregge per vedere quante se ne aveva persa qualcuna o era morta.
Durante lo sviluppo di un piano di attività è consigliato fare un controllo (oggi in termini tecnici si dice un recap, un riassunto) per capire le attività elencate, quelle mancanti e lo stato di avanzamento.
Nelle pecore il pastore aveva la sua sopravvivenza, doveva sempre controllare. Il controllo gli permetteva di essere vincente.
In un piano va fatto un controllo periodico per capire se il progetto sta andando avanti, per risolvere le criticità o per sfruttare le opportunità. In questo modo si centra l'obiettivo.
20 aprile 2024
Diamo una controllata
Con gli zippitti e le frasche, accende il fuoco, lo rassetta e lo governa con gli attrezzi del forno. Mentre il forno inizia a scaldarsi, prepara l'impasto per i dolci. Una volta accesso il forno non si può fare una dose del dolce, ma più di una, visto che il forno consuma legna e dura poi diverso tempo. Così, con la scusa, prepara più dosi di un dolce o più dolci.
Anche se dopo ore di: inforna, controlla, sforna, informa, controlla, controlla, sforna, il risultato dei dolci non è possibile descriverlo. Basti dire che preparati, già il giorno dopo so scurti, ovvero sono finiti.
Un giorno mi sono cimentato con lei a fare dei dolci. Mentre li preparavo con lei, o meglio era lei che li preparava, io cercavo di essere il suo assistente, mi ripeteva: Lo si missu lo zuccaro, la farina la si pesata? Quanto ne si missu de cacao? Mi dava dei continui consigli o controllava che tutto c'era nell'impasto, questo durante la preparazione. Durante la cottura continuava ancora con i controlli: Controllemo se è bionda (ovvero è dorata la superficie), Il foco è cagliu (ovvero il forno sta fornendo il giusto calore)? Era attenta che nulla sfuggisse nella preparazione e che nulla andasse bruciato nella cottura. Il risultato doveva essere il prodotto di una attenta preparazione e di un continuo controllo.
Non era tanto la dose utilizzata per il dolce (una volta si dice quanto basta per indicare il quantitativo da utilizzare), bensì il controllo che permetteva di ottenere un risultato in base a quanto disponibile per fare la ricetta.
Morale: il controllo continuo è quello che rende vincente un prodotto o un'azione. In base poi ai controlli si fanno i relativi aggiustamenti per raggiungere l'obiettivo.
Giuseppina aveva scritto tutto nella testa, il suo piano era ed è sempre ben definito.
Se non hai un piano con almeno le azioni elementari da fare e se non svolgi continui controlli a quello riportato dal piano, l'obiettivo che si raggiungerà è scarso, oppure non servirà a niente.
Grazie Giuseppina.
12 aprile 2024
Un piano serve sempre
Mio nonno materno fuggì da Pereto agli inizi degli anni Trenta portandosi con se la moglie e quattro figlie. A Pereto il lavoro per le donne non c'era e per questo migrò presso i Castelli romani lavorando le vigne e gli oliveti e con lui tutte le figlie.
Mia madre riuscì a prendere un diploma da sarta e cercò di uscire da questo stato di miseria.
Mio nonno paterno sbarcava il lunario come bracciate a Monte Porzio Catone e quando capitava si ingegnava a costruire o riparare scarpe. Mio padre era l'unico figlio maschio ed aveva cinque sorelle. Mio nonno viveva una vita da indigente, basti dire che la famiglia dormiva ospite all'interno dell'oratorio del duomo del paese dove abitava.
Così mamma e papà avevano un destino segnato: dovevano rimanere poveri se non avessero fatto qualcosa per cambiare.
Sposandosi, mamma divenne il capo della famiglia in quanto non perché eletta dalla famiglia o perché mio padre avesse abbandonato il ruolo. Mamma stava in casa, era casalinga e quindi controllava, sapeva, gestiva la casa e la famiglia.
Quando si sposarono, mamma fece un discorso a mio padre che a noi figli ha ripetuto un miliardo di volte: Noi siamo due cavalli che tirano una carrozza con sopra i figli, la famiglia e la casa. Se la destinazione è quella fissata da noi due, tutti e due dobbiamo galoppare, se non correre, verso quella destinazione, non ci devono essere distrazioni. Quello è il nostro obiettivo.
Non lo scrissero sulla carta, ma lo avevano impresso nella mente. Uno dei tanti obiettivi, il primo, fu quello di comprare una casa per far vivere la famiglia. Con sacrifici, privazioni, rinunce, risparmi mamma e papà, compresi noi tre figli, raggiungemmo l'obiettivo fissato entro una certa data. Una soddisfazione ricordata da noi figli ancora oggi che i genitori ci hanno lasciati.
Cosa insegna questa storia; uno deve essere il capo e tutti devono lottare almeno per un obiettivo, reale e condiviso. Alla fine i risultati si sono visti.
In un progetto senza un capo e senza persone che ne condividono l'obiettivo, condiviso e fissato, non si va lontano, anzi si perde tempo ed occasioni.